I vini bio protagonisti a Sorgentedelvino live 2019: un viaggio a Piacenza alla scoperta di cantine piccole, appassionate e di altissima qualità.
Roberto ci accompagna all’assaggio…e buon vino a tutti!
Prima esperienza per me a “Sorgentedelvino LIVE, il salone dei vini naturali, di territorio e tradizione”, una fiera mercato che si tiene presso il polo fieristico di Piacenza ogni anno nella prima decade di febbraio, giunta alla sua 11a edizione: 150 vignaioli in regime di agricoltura biologica, biodinamica, che seguono metodi di vinificazione tradizionali in cantina e che portano in degustazione i loro piccoli capolavori.
Quest’anno il programma prevedeva un’area tematica dedicata al “Terroir Liguria”, un tuffo in quella che viene denominata “viticultura eroica” dove i vignaioli, con caparbia e tenacia, sottraggono fazzoletti di terra ai versati a strapiombo sul mare su cui ricamano le loro vigne.
Tuttavia devo confessare che non ho visitato l’area Liguria e me ne dispiaccio per questo piccolo sgarbo fatto all’organizzazione, perché in fondo è stata un’occasione persa per approfondire la conoscenza di un territorio avendo a disposizione molto prodotti da degustare.
Ma sono fatto così, nel girovagare tra i banchi di assaggio di una fiera mi faccio guidare un po’ dall’istinto ed un po’ dal mio interesse personale del momento, i vini della Sicilia nel caso specifico (tour eno-gastro-culturale alle porte!).
Allo stesso modo non parlo e scrivo mai dei vini che non mi sono piaciuti o mi hanno poco convinto, per un senso di rispetto verso il vignaiolo che crede nel suo lavoro e nel suo prodotto: dopotutto il mio è un giudizio amatoriale e molto personale basato sulle mie sensazioni più che su un’analisi tecnica rigorosa del vino.
Comunque, a parte questa super-cazzola personale, Sorgentedelvino è un bellissimo evento enoico adatto a tutti, intenditori o semplici appassionati, che permette di avvicinarsi al buon vino con il giusto rapporto qualità-prezzo: per bere bene non bisogna spendere chissà quali cifre, basta fare degli acquisti consapevoli.
Questa consapevolezza la si può costruire in diversi modi, frequentando corsi di degustazione o di avvicinamento al vino, leggendo libri o riviste di settore, ma, a mio modesto parere il contatto con il vignaiolo rimane il modo migliore, il più diretto e sincero!
Ma ora basta alle ciance, facciamo parlare il bicchiere e le cantine che hanno catturato la mia attenzione.
Ps Winery – Offida (AP)
Siamo ad Offida nelle Marche, territorio nel quale possiamo trovare splendide espressioni di Pecorino e Montepulciano. PS Winery è una cantina che cerca di portare qualcosa di nuovo in un territorio fortemente ancorato alle tradizioni, con personalità e, come dice Raffaele, “anche con un pizzico di follia”. Tralascio i vini classici e metto le tre crocette di menzione per un bianco, l’Incrocio Bruni 54 IGT Marche, da uve della varietà incrocio Bruni 54 ottenuta per impollinazione tra Verdicchio dei Castelli di Jesi e Sauvignon Blanc, resistente alle malattie fungine della vite (PIWI). Profumatamente coinvolgente, morbido minerale quanto basta con una piacevole verve acida e pienezza di sorso: un vino intrigante da riprovare magari sul posto con qualche antipasto tipico della cucina Marchigiana!
Grawu – Cermes (BZ)
Passando di fronte al loro banco di assaggio sono stato attratto dal loro biglietto da visita, ed in particolare dall’immagine sovraimpressa. Ci ho messo un po’ a capire di cosa si trattasse a prima vista “magma incandescente”, ma ad uno sguardo più attento ho riconosciuto il “mosto in fermentazione”. Realtà molto piccola dell’Alto Adige; per descriverla in sintesi potrei dire “l’eleganza ed il garbo della macerazione”: tutti i vini assaggiati fanno macerazione sulle bucce più o meno prolungata, conferendo al vino un carattere estremamente pulito, naturale, con una freschezza di fondo e pienezza di frutto! Mi domanderete: e allora cosa ti è piaciuto? Tutto…e non sto scherzando! Lo chardonnay, fresco, profumato, succoso, (3 giorni di macerazione sulle bucce), nel quale l’affinamento in botti grandi di acacia gli lascia un leggero sentore di stecco di liquirizia che dona balsamicità ed eleganza al sorso. Per passare poi al Grawü, vino bianco da cuveè di Pinot grigio, Gewürztraminer e Chardonnay (7 giorni di macerazione sulle bucce), in percentuali variabili in relazione all’annata, con affinamento in botti di rovere: elegante, snello…grande bevibilità! Ultimo, ma solo in ordine di assaggio, il Gewürztraminer: 50% fa macerazione direttamente sui graspi per 3 settimane, e questo conferisce una leggera astringenza che nell’equilibrio generale non stona. Rispettoso del bouquet aromatico del vitigno senza essere stucchevole e pomposo, fresco piacevole, bella mineralità, sorso snello scattante per nulla scontato trattandosi di un gewürztraminer. Molto ma molto fine!
Cantina Malopasso – Zafferana Etnea (CT)
Il bello ed il divertente di questi eventi, dove i banchi di assaggio sono attribuiti per sorteggio, è che con due passi ti sposti dal nord al sud dell’Italia, cambiando dialetti, profumi e sapori.
Così sono planato alle pendici est dell’Etna da Floriana e Pasquale della Cantina Malopasso.
Come non volere bene a questi due ragazzi, che con una sincerità quasi timida mi hanno raccontato una storia bellissima, quella di un amore viscerale per la loro terra e di una viticultura eroica di recupero del territorio.
Vigne di oltre 80 anni impiantate ad alberello con pali tutori in castagno e con sesti molto ravvicinati tali da imporre una coltivazione tutta a mano; bassissime le rese ed una produzione proprio di nicchia (circa 1000 bottiglie per tipologia). Per stare vicini alle loro vigne nei mesi dell’anno di maggior impegno lavorativo vivono in una roulotte all’interno del vigneto…. Più INTO THE WINEYARD di così!
Il loro Etna Rosato DOC Contrada Pietralunga mi ha conquistato per ricchezza di profumi e sapori, l’intensità olfattiva e gustativa: da vigne vecchie non possono che nascere vini unici di grande personalità!
Grande rispetto per questa cantina: il loro lavoro va oltre ogni disciplinare di produzione, perché abbraccia i valori più profondi di rispetto per la natura, di tutela del territorio, patrimonio di cui l’Italia è ricca.
Mi rammarico di non essere passato sul finire a provare il loro Etna Rosso DOC, gli chiedo perdono per questo sgarbo, ma da grandi errori si possono far nascere grandi occasioni!
Cantine Barbera – Menfi (AG)
Rimaniamo in Sicilia, ma ci spostiamo nell’agrigentino e più precisamente a Menfi da Marilena Barbera e dai sui vini per i quali è scoccata una sintonia enoica fin dal primo incontro.
Il Rosato 2018 “La Bambina” è una piccola coccola, un dono prezioso in grado di racchiudere tutta l’essenza della Sicilia in un bicchiere: vino consistente per intensità e complessità dei profumi, dove ritroviamo convivere in stretta armonia dolcezza e sapidità marina. In bocca viaggia via fluido e snello con una grande piacevolezza e appagamento di sorso. Molto interessante l’Albamarina, Bianco Passito ottenuto da uve Catarrato appassite sulla pianta, perché alla parte dolce, molto fine ed elegante, si contrappone un’acida gradevole che dona grande freschezza al sorso. Ho trovato un vino molto versatile anche come abbinamenti in cucina: di solito i passiti vengono relegati ad accompagnare dolci o formaggi, ma qui si potrebbe anche osare qualcosa di più….probabilmente con il pesce spada……beh con Papilla Monella proveremo e vi faremo sapere. “Ciàtu”, Alicante in purezza, è un vino prezioso e, almeno per me, evocativo, un piccolo viaggio da fare ad occhi per far volare l’immaginazione (ho dedicato un post sul mio profilo Instagram a questo vino). Questa Cantina sarà una tappa sicura del nostro prossimo tour in Sicilia!
Az. Agr. Nevio Scala – Lozzo Atestino (PD)
Beh, come non potevo fermarmi a provare i vini di una grande uomo di sport come Nevio Scala.
Qui troviamo la Garganega dei colli Euganei declinata in tutte le sue sfumature, dal Gargante, vino rifermentato in bottiglia (sur lies), per passare attraverso il Diletto, il vino bianco “base”, fino a giungere al “Cóntame”, orange wine con macerazione di 2 settimane sulle proprie bucce. Una batteria di vini dove, nelle diverse espressioni, si ricerca sempre un prodotto semplice e spontaneo, che si caratterizzi per la freschezza, per le note floreali e delicatamente fruttate tipiche del vitigno coltivato in questa zona. il Còntame è quello che ho trovato più interessante, molto equilibrato al naso, con i suoi sentori di frutta matura gialla tendente all’esotico, e con un sorso ampio, armonioso e molto appagante. Simpatica l’origine del nome: in dialetto Padovano significa “raccontami”, e questo per la famiglia Scala è il vino della tradizione, quello che invoglia le persone a sedersi attorno ad un tavolo per scambiare 4 chiacchiere in amicizia
Eno-Triò – Randazzo (CT)
Cantina apprezzata da moltissimi winelovers, ed ovviamente anche dal sottoscritto, e di cui in questa occasione ho assaggiato i loro vini “meno siciliani” e convenzionali per il territorio. Si parte da un traminer Aromatico 2017, dalle note delicate di frutta matura con un’aromaticità molto contenuta rispetto ai cugini del Trentino-Alto Adige, sapidità punteggiata da una sorprendete acidità, con un finale leggermente balsamico. Si prosegue con il nuovo nato in casa Puglisi, sempre da uve un Traminer ma con macerazione sulle bucce: fresco, fruttato molto piacevole, da servire ad inizio pasto come aperitivo o alla fine per chiudere in bellezza. E finiamo con il Rosato da uve Pinot, un cavallo di razza scalpitante, vino di buona struttura che nasce probabilmente per essere un prodotto da tutto pasto molto versatile, in grado di mettere d’accordo un po’ tutti i palati.
Azienda Agricola Fenech – Malfa (ME)
Dopo un giro di assaggi che non mi aveva completamente soddisfatto, ho deciso di dirigere il mio bicchiere verso un porto sicuro nel quale non ero mai approdato finora, ma di cui avevo letto un gran bene.
E quindi si ritorna in Sicilia, sull’isola della Salina nell’arcipelago delle Eolie ad incontrare Francesco Fenech per provare la sua Malvasia. Maddalena è la versione secca, vinificata in acciaio con una tiratura di poco più di 5000 bottiglie: è un vino molto piacevole dove le parti floreali e fruttate si fondono in un perfetto equilibrio di aromi. In bocca e sapido, con una bella acidità fresca ed un finale leggermente balsamico. Vino da tutto pasto da non lasciarsi scappare. La versione passita, prodotto in circa 3000 esemplari, dopo una vendemmia tardiva segue la tradizionale lavorazione con appassimento sui cannizzi: dopo una breve macerazione sulle bucce prosegue la fermentazione alcolica per 6 mesi in acciaio a temperatura controllata. Il risultato è un vino passito di colore ambra brillante che porta al naso i toni della frutta secca ed appassita (fichi ed albicocca), mentre in bocca troviamo un’aromaticità fresca, piacevole e di buona persistenza e lunghezza.
Pistis Sophia – Ortona (CH)
Il pergolone è un vitigno autoctono dell’Abruzzo, più comunemente chiamato uva regina, principalmente coltivato nella zona di Ortona. È un’uva da tavola che, a piena maturazione, raggiunge delle pigmentazioni ambrate. Tradizionalmente impiegata come uva da taglio per ingentilire i vini a base trebbiano ed ottenere un prodotto più morbido e piacevole, se vinificata in purezza esprime vini di grande spessore, delle vere e proprie bombe atomiche: bisogna avere solo un po’ di fortuna nel trovare una delle poche etichette che la producono.
Grande corpo e struttura, parliamo di 15% vol., naso inteso e complesso, frutta matura, erbe aromatiche, mineralità da vendere ed una viva vena acida! E mi potrei fermare qui, ma non posso perché nel mio bicchiere è finito anche un Pecorino macerato, con i suoi 17% vol, un vino di grande potenza, vigore minerale, note balsamiche di rosmarino, bellissimo spalla acida che accompagna e rende perfetto il sorso: da provare.
San Paolo – Castlefranco Emila (MO)
Dopo il bombardone abruzzese avevo proprio bisogno di qualcosa di facile per resettare le papille.
Questa azienda vinicola del modenese propone il Pignoletto Modena Doc (100% Grechetto Gentile) in tutte le sue declinazioni, fermo secco, Frizzante o spumante.
Ho trovato molto interessante la versione extra brut, un metodo classico che affina 20 mesi sui propri lieviti: elegante e fresco, il bellissimo ventaglio di profumi che si aprono nel bicchiere, floreale e fragrante.
La bollicina è abbastanza fine e persistente, forse un po’ vivace, ma ciò non sottrae gradevolezza al vino.
Ma oltre ai vari Pignoletto ho assaggiato anche il loro Sauvignon Blanc, la cui particolarità sta ne fatto che, dopo la fermentazione in acciaio e la permanenza per un periodo più o meno lungo sulle fecce nobili, completa la sua evoluzione in contenitori di Ceramica in grado di permettere una micro ossigenazione ottimale.
Quello che ne nasce è un vino ben a fuoco, incentrato sui sentori di frutta tropicale, note erbacee di salvia e dove il “bosso” e relegato ad una percezione. Il gusto è inteso, piacevolmente pieno, il Sauvignon che mi piace bere!
Pub Agricolo – Mamoida (NU)
E verso la fine tocco un’altra storia che va raccontata: il Pub Agricolo più che un locale è un vero e proprio evento che si tiene 5 volte l’anno a Mamoiada, nel cuore della Sardegna, e durante il quale si raggiungono livelli di consumo di vino impensabili per un essere umano!
E dopo aver provato il loro cannonau ne ho capito il motivo: un vino profondo, polposamente fruttato, morbido avvolgente nonostante la sua giovinezza (vendemmia 2017), un vino beverino, anche fa strano dirlo per un cannonau! La scommessa è quella di lasciarlo ad affinare in cantina per ancora qualche anno (tra i 3 e 5 anni) e di resistere alla tentazione, che ve lo confido è tanta, di stapparlo già ora per quanto è buono: secondo me la pazienza mi premierà ed andrò a bere una bomba!
Azienda vitivinicola Fontorfio – Cossignano (AP)
Ultimo banco d’assaggio in questa intensa giornata passata a Piacenza è stato quello di questa piccola azienda marchigiana con il loro Vsq 2015 “Cuprense” 22, se non ricordo male la terza annata per questo spumantizzato.
Il nome trae spunto dall’indirizzo dell’azienda agricola, il km 22 della strada provinciale Cuprense, ed è un blend di tre uve: Passerina (50%), Montepulciano vinificato in bianco (25%) e Pecorino (25%), con variazione di percentuali in base all’annata. Prodotto con metodo ancestrale, è un vino senza troppi fronzoli da forti contrasti, minerale, sapido, un po’ rude, e forse in questo sta la sua bellezza, ovvero il lasciare ben poco spazio alla piacioneria. Piccola nota a margine: questo è un vino da “amanuense” in tutti i sensi, in quanto il lavoro manuale si applica non solo per la conduzione della vigna, ma anche per la fase di sboccatura, fatta alla Volè, per la tappatura, fatta con tappatrici manuali a leva…..ed infine, per non farsi mancare nulla anche la gabbietta è posizionata a chiusa a mano….artigiano!
L’appuntamento con Roberto è con il prossimo articolo, che verrà pubblicato nella sezione “Storie di vino” del Magazine.
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